lunedì 26 dicembre 2016

L'ARROGANZA DEL POTERE


Le sentenze della Corte costituzionale che tutelano i diritti fondamentali? 

Una scocciatura da limitare per legge!



Negli ultimi anni le Corti italiane (Corte di Cassazione, Consiglio di Stato e Corte costituzionale) hanno avuto, ed hanno, un bel da fare a cercare di tutelare i diritti fondamentali dei cittadini (alla dignità, allo studio, alla salute, al lavoro, all'ambiente) dal massacro operato dalle varie leggi o decisioni dello Stato.

Eppure lo Stato ha – o sarebbe meglio dire avrebbe - l’obbligo di assumere come obiettivo primario della propria azione proprio la tutela di questi diritti, perché i diritti fondamentali vengono prima di qualsiasi istituzione, potere costituito e logica di profitto. 

È il primato della persona sullo Stato previsto dall'art. 2 della nostra Costituzione. Cosa significa questo? Che tutte le volte che lo Stato, con delle sue leggi o decisioni, viola la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini sta compiendo una azione illegale. E, viste le continue violazioni di tali diritti, l’attività delle varie Corti in questi anni è stata frenetica (dichiarate incostituzionali norme Salva Italia, Sblocca Italia, decreto Madia, ecc.).

L’ultima pronuncia di incostituzionalità in ordine di tempo è stata la sentenza 275 del 16 dicembre 2016. 


In tale sentenza la Corte costituzionale ribadisce un concetto che dovrebbe essere cristallino, ossia che il diritto all'istruzione del disabile, consacrato nell'art. 38 della Costituzione, è un diritto fondamentale che non può subire compressioni in termini assoluti e generali per motivi di bilancio: “…è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio…. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione… soprattutto quando riguardano il nucleo incomprimibile del diritto a prestazioni riconducibili a diritti fondamentali…”.

Perché è: “abnorme e inaccettabile che il principio del pareggio di bilancio debba prevalere su ogni diritto dei cittadini costituzionalmente garantito[1], infatti: “i pur fortissimi diritti di contenuto economico e finanziario, posti a salvaguardia dell’integrità dei bilanci pubblici, non possono incidere sui diritti fondamentali della persona[2].

Insomma, per le varie Corti, nel redigere un bilancio, lo Stato prima deve garantire la tutela dei diritti fondamentali, poi potrà, con il residuo, decidere di finanziare altri capitoli di spesa: carri armati, F35, Ponte sullo Stretto, TAV, finanziamenti a vari expo, salvataggi di banche, compagnie aeree, ecc.

Bel problema per uno Stato che, invece, continua imperterrito, e nonostante le continue sentenze in tal senso, a comprimere tali diritti. 

Che fare? Semplice, limitare l’esecutività delle sentenze delle varie corti...anche della Corte Costituzionale.  

Sembra uno scherzo ma, purtroppo, non è così.

Il 9 giugno 2015, è stato presentato un disegno di legge «in materia di istruttoria e trasparenza dei giudizi di legittimità costituzionale» (in atti senato n. 1952)

Questo disegno di legge, partendo dall'assunto che “tutto il sistema istituzionale deve essere vincolato al rispetto formale e sostanziale dei vincoli derivanti dall'articolo 81 vigente, ossia il pareggio di bilancio” – e che - questi vincoli non possono essere ignorati dalle varie Corti, neanche dalla Corte Costituzionale” prevede che, ove dall'esecuzione di sentenze definitive di organi giurisdizionali o della Corte costituzionale possano derivare oneri non contabilizzati nei bilanci approvati, il Governo (attenzione, non il Parlamento) deciderà modalità e tempi della loro esecuzione[3].

In altri termini, le varie corti, anche la Corte costituzionale, potranno continuare a emettere sentenze per tutelare i diritti fondamentali dei cittadini violati dalle varie decisioni o leggi ma, quando renderle esecutive, cioè efficaci, spetterà al Governo.

Insomma, con questa proposta di legge, il potere esecutivo si vuol porre al di sopra anche della Corte Costituzionale

La cosa è di una gravità assoluta solo ove si rifletta sul fatto che la Corte costituzionale è la custode della nostra Costituzione, legge fondamentale dello Stato che riconosce i diritti spettanti ai cittadini e detta le regole entro le quali il potere può e deve agire, ossia è il limite che viene dato al potere.

È, infatti, la Costituzione ad indicare al potere quali sono gli interessi pubblici ed i fini da raggiungere, nonché i modi ed i mezzi attraverso cui perseguirli.

Come si può, quindi, anche solo pensare che il potere, attraverso una legge, possa modificare tale garanzia per porsi al di sopra delle decisioni della Corte costituzionale che ha il compito di vigilare che il potere rispetti tali limiti?







[1] Ex presidente della Corte dei Conti, Manin Carabba in Costituzione italiana contro trattati europei, Vladimiro Giacchè
[2] T. L. Rizzo, Tra i limiti di bilancio europei e i principi ispiratori della Repubblica, «Specchio Economico», n. 3, marzo 2014, p. 41.
[3] Art. 2.
(Modifiche alla legge 31 dicembre 2009,
n. 196)
1. Il comma 13 dell'articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è sostituito dal seguente:
«13. Il Governo, allorché sulla base di una specifica relazione dell'Ufficio parlamentare di bilancio
riscontri che dall'attuazione di leggi ovvero dall'esecuzione di sentenze definitive di organi
giurisdizionali o della Corte costituzionale possano derivare oneri non contabilizzati nei bilanci
approvati, adotta tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. Tali iniziative legislative, con riferimento alle sentenze definitive degli organi giurisdizionali e della Corte costituzionale, indicano modalità e tempi della loro esecuzione tali da assicurarne la coerenza con gli articoli 11, 81, 97, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione. Resta fermo quanto disposto in materia di personale dall'articolo 61 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».

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